Le poltrone delle file laterali, nel piano superiore, sono soltanto due. Quelle centrali quattro e l'impressione è che, sia pur le poltrone siano le stesse del Boeing 777 di ieri, il posto a disposizione sia maggiore. In effetti, vicino al finestrino, anche per attutire la curvatura della carlinga, ci sono dei capienti e comodi gavoni in cui riporre le cose. Ne approfitto, usandone uno per "proteggere" il mio cuscino da tentativi di rapimento di vicini ingordi di morbidezza.
Sono curioso di vedere se il decollo di un bestione simile ha qualcosa di speciale. Già dalle operazioni di trasferimento a terra ti rendo conto che è particolare: qui, dal piano superiore, anche aerei grandi appaiono come modellini in scala 1:5! Poi, la fase di rullaggio sembra al rallentatore. L'impressione è che l'animale, con le sue ali smisurate, stacchi tra terra lentamente senza lo strappo e l'accelerazione che ti attacca al sedile e che accompagna, ogni settimana, i miei viaggi da e per Monaco.
Una volta in aria, lo spettacolo di luci delle navi che si approssimano al porto riflette, quasi come in uno specchio, quello delle stelle su nel cielo.
Orione è allo zenith! L'equatore celeste passa proprio all'altezza della sua cintura e quindi lui se ne sta appeso, come in bilico, proprio dritto sopra la nostra testa. Non siamo ancora alla sua capovolta ambiguità (rif. Francesco Guccini, Argentina), ma si inizia ad intuire la fine che farà una volta che saremo giunti nell'emisfero australe.
Riesco a distinguere anche Auriga e Sirio e, anche se smerigliato dal finestrino dell'aereo, mi sembra che questo cielo abbia una profondità diversa e più contrastata di quello che siamo abituati, oggi, a vedere dalle nostre parti.
Enrico, invece, si perde tutto. Appena seduto, prima ancora che l'aereo si muovesse, cade in catalessi per riemergere, tutto sorpreso, solo quando siamo ormai in piena crociera.
Ci svegliamo (siamo riusciti a dormire entrambi tutta notte) mentre attraversiamo l'outback, dalle basti di Ayers Rock. Probabilmente, dall'altro lato dell'aereo si vedrà anche. Qui, dalla nostra parte, una distesa rossa,increspata da lunghe striature parallele, come quelle del litorale sabbioso di una gigantesca spiaggia prosciugata dalla marea, si estende a vista d'occhio. Non c'è segno di civiltà. Unica avvisaglia, ogni tanto, una pista stranamente attorcigliata e non rettilinea. Con Enrico ci guardiamo ancora stupiti per quello che stiamo vivendo. Ogni tanto ci pizzichiamo, e abbracciamo gongolando soddisfatti per questa avventura. Da queste parti rimbalzeremo alla fine del nostro viaggio, ma per ora non ci pensiamo. Abbiamo ancora da vivere ancora la storia, non ha senso pensare, adesso, al suo epilogo.
Meglio abbuffarsi, come polli all'ingrasso, appunto, con le omelette serviteci con la consueta grazia orientale dalla graziosa hostess nella sua bella divisa (sfondo blu slavato, forse quella delle più basse in grado, ieri ho detto una cazzata).
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