Una giornata spettacolare ci aspetta mentre atterriamo a Malpensa. Un cielo limpido ed un'aria quasi calda ci accolgono dopo le quasi tredici ore del balzo da Singapore.
La tristezza per la fine di questo periodo particolare tra me ed Enrico è addolcita un po' dalla stanchezza ed un po' dalla voglia di rivedere le rispettive morose o mogli.
Dall'altra parte del mondo, Luca ci manda messaggi per sapere dove siamo. L'effetto, quando li leggo, è di essere di nuovo tutti e tre assieme.
Mi chiede anche se concluderò questo blog con una sintesi e magari lo farò nei prossimi giorni, aiutato dalle foto.
Arrivo a Verona prendendo quasi al volo una Freccia Bianca. Mi gioca contro, oltre al tempo, soprattutto l'imbecillità di chi ha progettato l'accesso ai binari pensando che la stazione sia un centro commerciale e non un posto dove la gente ha fretta di prendere un treno.
Arrivato a Porta Nuova qualcosa che blocca la tangenziale impedisce ad Elisabetta di accogliermi in orario. Ci impieghiamo quasi un'ora a fare i 10 km che ci separano da casa.
Mi sembravano tante le 24 ore per farne 16.000, ma davvero è tutto relativo.
Translate
domenica 17 novembre 2013
venerdì 15 novembre 2013
Tutto storto, tutto liscio
Vabbè, di sciocchezze in questo blog ne ho dette tante e quindi, anche se avevo detto che non avrei più scritto di cronaca, eccomi qui di nuovo a raccontare.
Ho però due buone ragioni per farlo.
La prima è che pubblico questo post mentre sto volando a 794 km/h e 12189 m sopra la magia di Urulu.
La seconda è che non si tratta di vera cronaca, ma del fatto che, nel mare di cose che non ho raccontato (per fortuna, direte voi) almeno due le voglio ancora dire. Se poi me ne verranno in mente altre, questa volta non prometto che non le scriverò.
Dunque, la prima é una sciocchezza.
Chi mi segue dall'inizio sa che all'albergo di Sydney avevo dimenticato il mio hard disk esterno. Il receptionist indiano, dopo aver controllato, alla seconda telefonata mi aveva assicurato di averlo ritrovato. Ero quindi rassegnato a farne senza lungo il viaggio quando, la sera stessa, è ricomparso in fondo allo zaino. È nato allora il giallo di cosa avessero effettivamente ritrovato. Per risolvere il caso non c'era che d'aspettare di tornare a Sydney nello stesso albergo e farsi consegnare l'oggetto ritrovato.
Ieri infatti, appena arrivati alla reception, dopo i convenevoli legati al fatto che il receptionist (non quello indiano, ma un altro) ci ha riconosciuto, abbiamo chiesto cosa avessero ritrovato.
Bene, con la stessa leggerezza del suo collega, il simpatico impiegato ci ha detto che non avevano trovato niente e che forse, al telefono, si riferivano ad un'altra stanza.
Ora, chissà se qualcuno aveva dimenticato davvero un hard disk in un'altra stanza o se il nostro bagnoschiuma (comperato per 10 dollari in un 7-24 del Circular Quay) che è l'unica cosa che manca all'appello è lì triste e solo senza più possibilità di rivedere il suo padrone...
A dire il vero poi, il bagnoschiuma non è la sola cosa che manca all'appello. Ho perso, questa volta davvero, la custodia dello stesso hard disk. È rimasta là, da qualche parte, a Lady Elliot. Come il guscio, ormai disabitato, di una delle tartarughe che ha volteggiato intorno a noi in quelle acque da sogno, sembrava destinata a rimanere qui dall'altra parte del mondo.
La seconda non è una sciocchezza, ed è anche un po' personale, ma voglio scriverla lo stesso..
In questo mondo all'incontrario, dove tutto viaggia storto, al rovescio, dalle auto alle maniglie, dalle stelle ai rubinetti, anche il mio rapporto con i ragazzi ha subito un'inversione. Temporanea, forse, ma sorprendente e del tutto positiva.
Ho vissuto con un Luca più maturo, più adulto, più sicuro. Nonostante gli strusciamenti, gli abbracci, le coccole, come sempre parte del nostro rapporto, era lui che guidava il tour, indicava le cose da fare e da vedere, lui che ci ha imposto il look e scelto i posti dove dormire o dove mangiare. Insomma, come nella foto dell'evoluzione, piccolo capolavoro della DONISI CREATIVE PRODUCTIONS, così nella realtà di questi intensi giorni, il leader incontrastato, l'essere più evoluto, è stato lui.
Una sorpresa, ma non tanto. Diciamo più una bella conferma della forza di questo ragazzo. Ed una diversa sfumatura nell'equilibrio di questo terzetto, per certi versi un po' speciale.
Luca, se leggi, sappi che sono fiero di te, come lo sono sempre stato e ancor di più, ma che la stessa forza la voglio vedere quando torni, impiegata ad affrontare le difficoltà di un rientro che sarà al freddo ed in salita...
La sorpresa, questa un po' lo è stata, me l'ha fatta Enrico. Con lui ero ormai abituato ad un rapporto tra persone adulte. Vissuto, fino all'anno scorso, con la disinvoltura ed un po' il distacco di due compagni di studi che condividono l'appartamento fuori sede e alternano momenti di confidenza profonda, resa possibile dal suo carattere aperto e riflessivo, a momenti di scazzo duro, quasi sempre per motivi legati ai soldi.
Qui, per la prima volta in vacanza noi da soli e con ogni motivo di litigio pecuniario per sempre alle spalle, ha prevalso un dolce rilassamento fatto di sguardi più che di parole, di gesti più che di confidenze. E, come ho detto in qualche post precedente, questa dolcezza, questo senso di abbandono lo hanno spesso trasformato ai miei occhi nel bellissimo bambino che è stato, con i suoi slanci di entusiasmo, il suo totale abbandono ai miei racconti, la sua voglia di capire e di squadrare la vita dalle mille angolature che solo un bimbo, a volte, riesce a cogliere.
Enrico, quando leggi, sappi che non avevo dubbi che saremmo stati bene, ma adesso posso dire che tutto è andato mille volte meglio del meglio che mi aspettavo. E questo, senz'altro, è anche merito tuo.
Quindi, alla fine, tutto storto, ma tutto liscio.
Ho però due buone ragioni per farlo.
La prima è che pubblico questo post mentre sto volando a 794 km/h e 12189 m sopra la magia di Urulu.
La seconda è che non si tratta di vera cronaca, ma del fatto che, nel mare di cose che non ho raccontato (per fortuna, direte voi) almeno due le voglio ancora dire. Se poi me ne verranno in mente altre, questa volta non prometto che non le scriverò.
Dunque, la prima é una sciocchezza.
Chi mi segue dall'inizio sa che all'albergo di Sydney avevo dimenticato il mio hard disk esterno. Il receptionist indiano, dopo aver controllato, alla seconda telefonata mi aveva assicurato di averlo ritrovato. Ero quindi rassegnato a farne senza lungo il viaggio quando, la sera stessa, è ricomparso in fondo allo zaino. È nato allora il giallo di cosa avessero effettivamente ritrovato. Per risolvere il caso non c'era che d'aspettare di tornare a Sydney nello stesso albergo e farsi consegnare l'oggetto ritrovato.
Ieri infatti, appena arrivati alla reception, dopo i convenevoli legati al fatto che il receptionist (non quello indiano, ma un altro) ci ha riconosciuto, abbiamo chiesto cosa avessero ritrovato.
Bene, con la stessa leggerezza del suo collega, il simpatico impiegato ci ha detto che non avevano trovato niente e che forse, al telefono, si riferivano ad un'altra stanza.
Ora, chissà se qualcuno aveva dimenticato davvero un hard disk in un'altra stanza o se il nostro bagnoschiuma (comperato per 10 dollari in un 7-24 del Circular Quay) che è l'unica cosa che manca all'appello è lì triste e solo senza più possibilità di rivedere il suo padrone...
A dire il vero poi, il bagnoschiuma non è la sola cosa che manca all'appello. Ho perso, questa volta davvero, la custodia dello stesso hard disk. È rimasta là, da qualche parte, a Lady Elliot. Come il guscio, ormai disabitato, di una delle tartarughe che ha volteggiato intorno a noi in quelle acque da sogno, sembrava destinata a rimanere qui dall'altra parte del mondo.
La seconda non è una sciocchezza, ed è anche un po' personale, ma voglio scriverla lo stesso..
In questo mondo all'incontrario, dove tutto viaggia storto, al rovescio, dalle auto alle maniglie, dalle stelle ai rubinetti, anche il mio rapporto con i ragazzi ha subito un'inversione. Temporanea, forse, ma sorprendente e del tutto positiva.
Ho vissuto con un Luca più maturo, più adulto, più sicuro. Nonostante gli strusciamenti, gli abbracci, le coccole, come sempre parte del nostro rapporto, era lui che guidava il tour, indicava le cose da fare e da vedere, lui che ci ha imposto il look e scelto i posti dove dormire o dove mangiare. Insomma, come nella foto dell'evoluzione, piccolo capolavoro della DONISI CREATIVE PRODUCTIONS, così nella realtà di questi intensi giorni, il leader incontrastato, l'essere più evoluto, è stato lui.
Una sorpresa, ma non tanto. Diciamo più una bella conferma della forza di questo ragazzo. Ed una diversa sfumatura nell'equilibrio di questo terzetto, per certi versi un po' speciale.
Luca, se leggi, sappi che sono fiero di te, come lo sono sempre stato e ancor di più, ma che la stessa forza la voglio vedere quando torni, impiegata ad affrontare le difficoltà di un rientro che sarà al freddo ed in salita...
La sorpresa, questa un po' lo è stata, me l'ha fatta Enrico. Con lui ero ormai abituato ad un rapporto tra persone adulte. Vissuto, fino all'anno scorso, con la disinvoltura ed un po' il distacco di due compagni di studi che condividono l'appartamento fuori sede e alternano momenti di confidenza profonda, resa possibile dal suo carattere aperto e riflessivo, a momenti di scazzo duro, quasi sempre per motivi legati ai soldi.
Qui, per la prima volta in vacanza noi da soli e con ogni motivo di litigio pecuniario per sempre alle spalle, ha prevalso un dolce rilassamento fatto di sguardi più che di parole, di gesti più che di confidenze. E, come ho detto in qualche post precedente, questa dolcezza, questo senso di abbandono lo hanno spesso trasformato ai miei occhi nel bellissimo bambino che è stato, con i suoi slanci di entusiasmo, il suo totale abbandono ai miei racconti, la sua voglia di capire e di squadrare la vita dalle mille angolature che solo un bimbo, a volte, riesce a cogliere.
Enrico, quando leggi, sappi che non avevo dubbi che saremmo stati bene, ma adesso posso dire che tutto è andato mille volte meglio del meglio che mi aspettavo. E questo, senz'altro, è anche merito tuo.
Quindi, alla fine, tutto storto, ma tutto liscio.
giovedì 14 novembre 2013
BB
BB, come Bondai Bich.
Che poi sarebbe Bondi Beach, la luminosa spiaggia di Sydney da cui, praticamente, questo viaggio ha preso forma.
Enrico ha noleggiato una tavola nello stesso posto dell'altra volta. Il commesso (che si è tagliato i capelli) si ricordava perfettamente della sceneggiata della muta doppiamente indossata al rovescio e ci ha di nuovo preso bonariamente in giro.
Le onde questa volta sono quelle giuste. Ordinate, arrivano rombando a riva, una dopo l'altra.
Una folla di equilibristi le cavalca disinvolta. Enrico, con la tavola corta da surfista esperto che ha imparato anche ad infilarsi la muta, scompare presto tra i cavalloni. Lo cerco invano con il teleobiettivo per fissare la sua impresa, ma non riesco a riconoscerlo tra la mandria di scalmanati che mulinano le braccia per inseguire l'onda.
Sulla riva, fortunati runner solitari si riempiono i polmoni di iodio ed aria salmastra, godendosi a passo di corsa questa autentica fortuna di Sydney.
Anche un vento caldo e sostenuto cavalca le onde creando un piacevole effetto spray che ti investe frizzando l'aria.
La differenza con il phon di ieri è un contrasto simile a quello tra il rosso di quella terra ed il blu di questo mare. Un contrasto di colori ed odori che si impressiona nella memoria di questa vacanza.
Lo scampolo di mare, rubato a questo nostro tempo che sta ormai per scadere, rende piacevole e non privo di nostalgia, l'addio a questa terra.
Un ultimo sguardo a queste onde e poi prendiamo al volo il 380 fortuitamente fermo al semaforo che riusciamo ad attraversare a pochi metri dal bus stop.
Da adesso in poi la cronaca del nostro rientro risulterebbe solo noiosa.
Ci siamo solo ripromessi che, se avremo il tempo e l'ispirazione, proveremo a ripercorrere questa splendida esperienza con una serie di fermi immagine fatti di parole. Come una specie di time lapse raccontato.
Questo racconto è meglio chiuderlo così, con questa immagine blu nel mare, calda nel sole, profumata nell'aria.
P.S.: per non sembrar troppo poetico, testimonio con due foto come la trasformazioni verso un Australian Look non sia stata, nel mio caso, del tutto completata. I veri miti (scoprite voi a cosa mi riferisco) non tramontano mai...
Che poi sarebbe Bondi Beach, la luminosa spiaggia di Sydney da cui, praticamente, questo viaggio ha preso forma.
Enrico ha noleggiato una tavola nello stesso posto dell'altra volta. Il commesso (che si è tagliato i capelli) si ricordava perfettamente della sceneggiata della muta doppiamente indossata al rovescio e ci ha di nuovo preso bonariamente in giro.
Le onde questa volta sono quelle giuste. Ordinate, arrivano rombando a riva, una dopo l'altra.
Una folla di equilibristi le cavalca disinvolta. Enrico, con la tavola corta da surfista esperto che ha imparato anche ad infilarsi la muta, scompare presto tra i cavalloni. Lo cerco invano con il teleobiettivo per fissare la sua impresa, ma non riesco a riconoscerlo tra la mandria di scalmanati che mulinano le braccia per inseguire l'onda.
Sulla riva, fortunati runner solitari si riempiono i polmoni di iodio ed aria salmastra, godendosi a passo di corsa questa autentica fortuna di Sydney.
Anche un vento caldo e sostenuto cavalca le onde creando un piacevole effetto spray che ti investe frizzando l'aria.
La differenza con il phon di ieri è un contrasto simile a quello tra il rosso di quella terra ed il blu di questo mare. Un contrasto di colori ed odori che si impressiona nella memoria di questa vacanza.
Lo scampolo di mare, rubato a questo nostro tempo che sta ormai per scadere, rende piacevole e non privo di nostalgia, l'addio a questa terra.
Un ultimo sguardo a queste onde e poi prendiamo al volo il 380 fortuitamente fermo al semaforo che riusciamo ad attraversare a pochi metri dal bus stop.
Da adesso in poi la cronaca del nostro rientro risulterebbe solo noiosa.
Ci siamo solo ripromessi che, se avremo il tempo e l'ispirazione, proveremo a ripercorrere questa splendida esperienza con una serie di fermi immagine fatti di parole. Come una specie di time lapse raccontato.
Questo racconto è meglio chiuderlo così, con questa immagine blu nel mare, calda nel sole, profumata nell'aria.
P.S.: per non sembrar troppo poetico, testimonio con due foto come la trasformazioni verso un Australian Look non sia stata, nel mio caso, del tutto completata. I veri miti (scoprite voi a cosa mi riferisco) non tramontano mai...
Le scarpette rosse
Una lunga fila di laghi salati ci accompagna nel primo tratto del volo di ritorno verso Sydney.
Il bush, con la sua vegetazione sparsa sulla terra rossa dell'Outback, visto dal finestrino dell'aereo traccia sagome colorate e punteggiate come nei bellissimi disegni degli aborigeni. Sembra quasi che la loro tecnica, così al tempo stesso naif e complessa, abbia preso ispirazione dallo scorcio di questi territori visti dall'alto. Probabilmente dalla sommità di Uluru o delle Olghe ( così vengono anche chiamate le rocce di Kata Tjuta) si può godere dello stesso effetto ed è da lì che è nata la tradizione dell'arte figurativa locale.
A proposito, anche se non è espressamente vietato dalla legge e sia ancora esistente un percorso guidato con un corrimano simile ad una ferrata che arranca su un costone della montagna, l'arrampicata di Urulu è considerata un oltraggio alla sua divinità.
I turisti, senza eccezione alcuna, in questi giorni almeno, sono del tutto invogliati a rispettare questo desiderio.
Esiste addirittura un registro dove puoi esplicitare la tua rinuncia ed un altro in cui sono raccolte le lettere di pentimento di chi, non conoscendo le usanze locali, si è appropriato di ciotoli o pezzetti di roccia e poi, contrito, li ha rispediti indietro.
In effetti, la particolarità così affascinante di essere un unico masso conferisce ad Urulu un alone quasi esoterico, perfettamente interpretato, nella sua ricchezza di sfumature, dal cambiare del colore durante le ore del giorno ed il corso delle stagioni.
Un'immagine ancor più d'effetto potrebbe essere quella di vedere le sue espressioni sotto una forte pioggia. Un gigante ranicchiato, con la testa nascosta nella sabbia, lascia che tutte le rughe e cicatrici delle sue spalle siano percorse dai rivoli di un'acqua rara e luccicante come un filone sotterraneo di diamanti riportato alla luce del sole.
Lo sguardo ad Urulu ha proprio Il potere di rapirti in pensieri lontani che costeggiano le origini e l'evoluzione dell'uomo, così stranamente simili alle nostre anche in questa terra separata da tutto il resto del mondo milioni di anni fa.
In effetti, le sembianze degli aborigeni che abbiamo visto qui in giro richiamano fortemente quella delle raffigurazione degli uomini primitivi. Anche se sono corpulenti e, a volte, veramente molto grossi, hanno labbra carnose e sporgenti, i capelli arruffati su una fronte un po' sfuggente, e sono, almeno per me inaspettatamente, molto scuri di pelle. Nel resort ce ne sono alcuni che lavorano, altri, soprattutto donne, che raccolgono le donazioni dei gestori dei locali. Ci diceva il commesso che tutti i ricavati delle vendite dei loro manufatti, dipinti, boomerang, braccialetti e monili, vengono riversati nelle casse della comunità di aborigeni che si estende in tutto il territorio centrale, sconfinando negli stati del West Australia, South Australia e Northern Territories.
In effetti, le sembianze degli aborigeni che abbiamo visto qui in giro richiamano fortemente quella delle raffigurazione degli uomini primitivi. Anche se sono corpulenti e, a volte, veramente molto grossi, hanno labbra carnose e sporgenti, i capelli arruffati su una fronte un po' sfuggente, e sono, almeno per me inaspettatamente, molto scuri di pelle. Nel resort ce ne sono alcuni che lavorano, altri, soprattutto donne, che raccolgono le donazioni dei gestori dei locali. Ci diceva il commesso che tutti i ricavati delle vendite dei loro manufatti, dipinti, boomerang, braccialetti e monili, vengono riversati nelle casse della comunità di aborigeni che si estende in tutto il territorio centrale, sconfinando negli stati del West Australia, South Australia e Northern Territories.
Questa loro presenza, così forte nello spirito, ma tanto discreta nella fisicità, contribuisce a rendere affascinanti, attraenti ed un pochino misteriose le loro tradizioni.
Fossimo da qualsiasi altra parte di un mondo civilizzato, soprattutto nel suo sud, e ci trovassimo nei pressi di un insediamento turistico frequentato come questo, saremmo probabilmente assediati da venditori ambulanti o intralciati da bancarelle di cianfrusaglie. Qui, invece, siamo immersi in una silenziosa solitudine di benvenuti ospiti di un popolo che sta cercando di ritrovare una dignità calpestata dagli invasori e che ci chiede soltanto di rispettare le loro tradizioni, semplicemente non sostando o fotografando in alcuni punti.
Mentre ci perdiamo entrambi in questi pensieri di confine con le nostre origini, d'un tratto, quasi simultaneamente, ci rendiamo conto del perché Urulu è così magica ed attraente: in questo luogo è raccolta e sintetizzata l'unica vera storia di questa terra. Tutto il resto è solo una copia, troppo recente anche se spesso affascinante di quanto puoi vedere anche da noi.
Urulu è un po' come le piramidi, o il Colosseo, o il Partenone, ma è diversa per il fatto di essere così unicamente naturale e non frutto di un artefatto umano.
Per quanto belli ed impressionanti possano essere i monumenti che ho citato sopra, la caratteristica di essere così "unicamente" legata alla storia dello sviluppo dell'uomo qui, in questo universo così isolato fino a pochissimi secoli fa, gli conferisce un fascino ancor più ancestrale, quasi sovrannaturale.
Assieme alla forza naturale degli alberi e degli animali, così diversa da quella a cui siamo abituati, è proprio questa rivelazione della multiforme unicità di Urulu, l'impressione che porteremo a casa con maggior emozione.
Poi, più prosaicamente, un'altra cosa almeno io porterò di sicuro a casa: le mie scarpette da tennis.
Benché oramai si siano trasformate in letali armi chimico-batteriologiche, sono diventate tutte rosse grazie alla polvere che ha accompagnato i nostri passi in questa magia assolutamente unica.
Le terrò così fino alla prossima volta che sarò qui.
A dispetto della lontananza e dell'unicità che sembra prevalere in ogni aspetto di questo posto (anche nel fatto che sembra difficile pensare di tornare qui una seconda volta) vorrei invece farvi ritorno con Elisabetta per condividere questa magia da una diversa angolatura.
A dispetto della lontananza e dell'unicità che sembra prevalere in ogni aspetto di questo posto (anche nel fatto che sembra difficile pensare di tornare qui una seconda volta) vorrei invece farvi ritorno con Elisabetta per condividere questa magia da una diversa angolatura.
Ogni promessa è un debito....
P.S.: Stanotte la sveglia ha funzionato bene e così, un po' assonnato, sono andato sul belvedere per provare a ritrarre Urulu in vestito da sera. A dir la verità prima di arrivarci senza Enrico a cui in fatto di orientamento mi affido totalmente, mi sono perso un paio di volte.
Dopo un po' però mi ha raggiunto anche lui. Mi ha piacevolmente colto di sorpresa e quando mi ha rivolto la parola, io, mezzo rimbambito dalla notte e ormai completamente orbo anche di giorno, l'ho scambiato per uno straniero e gli ho risposto :"Sorry?".
La storia della vista che non c'è più impatta un bel po' sulla qualità di foto prese al buio. Mettere a fuoco l'immagine è un lancio ai dadi più che una tecnica precisa.
E poi, le luci del villaggio disturbavano parecchio, quindi il risultato, anche 'sta volta non è un granché. Il profilo di Urulu, si vede laggiù in fondo e sopra di lei (o lui) un manto stellato con il braccio della Galassia la (o lo) proteggono dagli spiriti maligni.
Un dio non può avere un sesso.
mercoledì 13 novembre 2013
Lungkata e la Tjukurpa
Lungkata era una grande lucertola dalla lingua blu che, ai tempi della Tjukurpa il periodo della creazione prima della comparsa dell'uomo, abitava sulla montagna di Urulu.
Lui e Mati (almeno mi sembra di ricordare da quanto ho letto al museo dove era proibito fotografare anche i cartelli) un'altra lucertola dalla lingua blu, erano però esseri malvagi e ladri. Così un giorno, trovarono un emù che era stato ucciso in una battuta di caccia da due fratelli della famiglia dei Bellbird, una specie di passero.
Lungkata e Mati si affrettarono a macellare e ad arrostire l'emù ed iniziarono a mangiarlo.
Quando i passeri arrivarono nei pressi della caverna dei ladri, alla ricerca della preda, i due avevano nascosto i resti del pranzo e offrirono loro solo qualche misero pezzo di carne.
I passeri si resero conto dell'inganno e, dopo aver finto di allontanarsi, tornarono indietro incendiando la caverna di Lungkata e Mati che presero fuoco e rotolarono giù dalla costa della montagna annerendola e bucherellandola tutta, sprofondando in un luogo in cui ancora oggi due grossi massi ne rappresentano i resti assieme ad altri più piccoli che sono i resti dell'emù.
Questa e tante altre leggende che in gran parte non vengono svelate agli estranei, si tramandano di padre in figlio e danno spiegazioni mistiche ed evocative ai mille segni che caratterizzano questo monolite così particolare.
Questa sera, al tramonto ho ripreso qualcuna di queste strane espressioni disegnate da ombre e fori nelle pareti della montagna.
Lui e Mati (almeno mi sembra di ricordare da quanto ho letto al museo dove era proibito fotografare anche i cartelli) un'altra lucertola dalla lingua blu, erano però esseri malvagi e ladri. Così un giorno, trovarono un emù che era stato ucciso in una battuta di caccia da due fratelli della famiglia dei Bellbird, una specie di passero.
Lungkata e Mati si affrettarono a macellare e ad arrostire l'emù ed iniziarono a mangiarlo.
Quando i passeri arrivarono nei pressi della caverna dei ladri, alla ricerca della preda, i due avevano nascosto i resti del pranzo e offrirono loro solo qualche misero pezzo di carne.
I passeri si resero conto dell'inganno e, dopo aver finto di allontanarsi, tornarono indietro incendiando la caverna di Lungkata e Mati che presero fuoco e rotolarono giù dalla costa della montagna annerendola e bucherellandola tutta, sprofondando in un luogo in cui ancora oggi due grossi massi ne rappresentano i resti assieme ad altri più piccoli che sono i resti dell'emù.
Questa e tante altre leggende che in gran parte non vengono svelate agli estranei, si tramandano di padre in figlio e danno spiegazioni mistiche ed evocative ai mille segni che caratterizzano questo monolite così particolare.
Questa sera, al tramonto ho ripreso qualcuna di queste strane espressioni disegnate da ombre e fori nelle pareti della montagna.
Oggi, bardati da fieri esploratori con tanto di provvidenziale retina di protezione dalla miriade di mosche che nell'ore più calde infestano la zona, abbiamo fatto il giro di Kata Tjuta, l'altro strano massiccio all'interno del parco.
Il suo nome significa molte teste e, in effetti, si presenta come una sequenza di formazioni tondeggianti.
La composizione però, è completamente diversa da Urulu. In questo caso la montagna è costituita non da un'unica roccia, cosa che conferisce ad Urulu un sapore d divinità, ma da un conglomerato di fanghiglia rossa (quella della Genesi, forse...) ed altre rocce tra cui anche il granito.
Il risultato è, cromaticamente, abbastanza simile anche se non all'altezza, ma completamente diverso nell'aspetto a distanza ravvicinata: sembra un enorme mandorlato rosso...
Il giro del massiccio, nove km in tutto, non è di per sé molto impegnativo, anche se ci sono alcuni punti che ricordano le forcelle dolomitiche, ma, fatto a 40 gradi mette comunque alla prova.
Riforniti di bottiglie d'acqua e di qualche frutto, riusciamo a portarlo a termine senza grandi difficoltà.
Dopo l'uscita al Fraccaroli, un altro buon segnale per la mia voglia di tornare a camminare in montagna!
Nel percorso siamo sempre soli, nessun pazzo, salvo poche eccezioni, si avventura da queste parti. Il silenzio è assoluto ed ogni fruscio evoca la paura di trovarti di fronte uno di quei serpentoni che abbiamo visto al Lone Pine e che di sicuro abitano la zona.
Ma, per fortuna, a parte un paio di aquile, qualche bellbird e una immensa cornacchia, non abbiamo visto tracce di animali.
Il posto è giusto anche per un'ultima foto con il cappello giusto.
Ooops, pardon! Non è questo il cappello giusto, bensì quest'altro:
Ultimo giro nel parco questa sera, per provare, Luna non permettendo, a ritrarre Urulu vestito da sera. Il risultato però non mi soddisfa, il chiarore lunare interferisce troppo e, alle 20.30, il parco chiude per cui non si può riprovare più tardi.
Se ci riesco, questa notte, ci riprovo dal belvedere del nostro campeggio.
Buonanotte ( a me...)
All'ombra dell'ultimo sole
Puntare una sveglia su un telefono che non si usa mai per questa funzione e per di più ancora impostato con l'orario italiano (8 ore e mezza indietro) richiede una certa attenzione.
Bisogna fare dei calcoli che io, ieri sera, lucido come non mai dopo una giornata di fancazzeggio totale, ho di sicuro sbagliato.
Fatto sta che, alle tre di qui, ora prevista per l'alzataccia, noi ronfavamo della grossa e nessuna sveglia ha turbato i nostri sogni.
Ci ha pensato, per fortuna, lo stesso telefono di ieri mattina, dimenticato con la sveglia puntata alle 4.15 di Brisbane, 4.45 di qua, irrompendo furiosamente in un sogno in cui io ed Elisabetta ascoltavamo Enrico Girardi raccontarci di un articolo da lui scritto su Michelangelo Mangano (lui ed Enrico sono due miei amici di vecchissima data, compagni di liceo) ispirandosi a questo blog. Insomma, quasi un incubo.
Ci siamo alzati di scatto, come scossi da una frustata che ha colpito il nostro orgoglio di uomini fedeli agli impegni presi e, in quattro e quattr'otto, ci siamo messi in strada diretti ad Urulu.
La Luna era già scesa ed il sole ancora un po' lontano dall'orizzonte, quindi siamo riusciti a vedere il braccio esterno della Galassia, le Nubi di Magellano, Orione, le Pleiadi e a fare tre o quattro foto.
Orioni, poi, qui che non c'è il mare e ad un'ora più tarda di quanto fatto a Lady Elliot, sembra tuffarsi nella Galassia, questo fatto che è a testa in giù ancora mi sorprende.
Guardate come si distingue bene il colore rossastro di Betelgeuse, la sua spalla destra, una supergigante rossa con un raggio di milioni di volte quello del nostro sole. E poi la nebulosa della spada, è veramente marcata la sua diffusione.
Il sole che sorge colora progressivamente Urulu sul lato opposto a quello che abbiamo visto al tramonto, ma l'effetto è meno marcato, o almeno così percepiamo noi. Le ombre e le sfumature sono meno evocative di quelle al calar del sole. E poi, il punto di osservazione è in comune con i bus (quello per il sunset, no) e quindi si viene subito accerchiati da camionate di giapponesi che fotografano a raffica senza chiedersi il perché.
Bisogna fare dei calcoli che io, ieri sera, lucido come non mai dopo una giornata di fancazzeggio totale, ho di sicuro sbagliato.
Fatto sta che, alle tre di qui, ora prevista per l'alzataccia, noi ronfavamo della grossa e nessuna sveglia ha turbato i nostri sogni.
Ci ha pensato, per fortuna, lo stesso telefono di ieri mattina, dimenticato con la sveglia puntata alle 4.15 di Brisbane, 4.45 di qua, irrompendo furiosamente in un sogno in cui io ed Elisabetta ascoltavamo Enrico Girardi raccontarci di un articolo da lui scritto su Michelangelo Mangano (lui ed Enrico sono due miei amici di vecchissima data, compagni di liceo) ispirandosi a questo blog. Insomma, quasi un incubo.
Ci siamo alzati di scatto, come scossi da una frustata che ha colpito il nostro orgoglio di uomini fedeli agli impegni presi e, in quattro e quattr'otto, ci siamo messi in strada diretti ad Urulu.
La Luna era già scesa ed il sole ancora un po' lontano dall'orizzonte, quindi siamo riusciti a vedere il braccio esterno della Galassia, le Nubi di Magellano, Orione, le Pleiadi e a fare tre o quattro foto.
Orioni, poi, qui che non c'è il mare e ad un'ora più tarda di quanto fatto a Lady Elliot, sembra tuffarsi nella Galassia, questo fatto che è a testa in giù ancora mi sorprende.
Guardate come si distingue bene il colore rossastro di Betelgeuse, la sua spalla destra, una supergigante rossa con un raggio di milioni di volte quello del nostro sole. E poi la nebulosa della spada, è veramente marcata la sua diffusione.
Il sole che sorge colora progressivamente Urulu sul lato opposto a quello che abbiamo visto al tramonto, ma l'effetto è meno marcato, o almeno così percepiamo noi. Le ombre e le sfumature sono meno evocative di quelle al calar del sole. E poi, il punto di osservazione è in comune con i bus (quello per il sunset, no) e quindi si viene subito accerchiati da camionate di giapponesi che fotografano a raffica senza chiedersi il perché.
Sentiamo il bisogno di un po' di riposo. Un paio d'ore possiamo concedercele. Se riesco a puntare la sveglia giusta per le 10.30, massimo 11 possiamo ripartire verso Kata Tutja.
martedì 12 novembre 2013
Domani vi racconterò...
...delle sensazioni e delle leggende aborigene che rendono questo posto così magico.
Nonostante la forzatura di costruirvi un villaggio turistico, ben mimetizzato, ma dotato di tutte le banalità per turisti annoiati, tipo il karaoke che mi fracassa i timpani in questo momento, l'atmosfera che questo zona irradia attorno a sé ha un sapore veramente ancestrale.
Un incantesimo di sabbia che immobilizza le percezioni e rimanda indietro nel tempo a quando le popolazioni indigene leggevano in ogni buco di questa terra la traccia di un evento da tramandare.
Questa sera però non ce la faccio.
Ci siamo svegliati presto a Brisbane, abbiamo rimbalzato a Sydney, preso al volo una macchina all'aeroporto di Ayers Rock e bordeggiato per i vari punti del parco di Urulu per fotografare un tramonto che colora la montagna di sfumature d'oro rosso.
Poi una lezione con gli astronomi. Nonostante la sciagura della Luna che sbianca ogni stella, sono riusciti a darmi l'illusione di aver ritrovato la vista dei 15 anni facendomi osservare nel telescopio ammassi globulari, aperti, galassie e stelle come solo allora li vedevo.
E, siccome il cielo qui senza la sciagurata deve essere uno spettacolo, la sveglia la puntiamo alle tre, così potremo vedremo le stelle e poi il sole sorgere dietro Uluru. Qui, nella Luna a testa in giù nessuno ne riconosce le sembianze umane che noi le attribuiamo e tutti vedono un coniglio nelle sue ombre. La foto è fatta dal mio telefono nell'oculare del telescopio!
Poi domani, forse dopo aver riposato un pochino, ce ne andiamo ad una cinquantina di km da qui a vedere Kata-Tjuta, un'altra montagna spettacolare e, spero, magica come questa.
Insomma, un finale davvero con i fiocchi, come diversamente non poteva essere.
Nonostante la forzatura di costruirvi un villaggio turistico, ben mimetizzato, ma dotato di tutte le banalità per turisti annoiati, tipo il karaoke che mi fracassa i timpani in questo momento, l'atmosfera che questo zona irradia attorno a sé ha un sapore veramente ancestrale.
Un incantesimo di sabbia che immobilizza le percezioni e rimanda indietro nel tempo a quando le popolazioni indigene leggevano in ogni buco di questa terra la traccia di un evento da tramandare.
Questa sera però non ce la faccio.
Ci siamo svegliati presto a Brisbane, abbiamo rimbalzato a Sydney, preso al volo una macchina all'aeroporto di Ayers Rock e bordeggiato per i vari punti del parco di Urulu per fotografare un tramonto che colora la montagna di sfumature d'oro rosso.
Poi una lezione con gli astronomi. Nonostante la sciagura della Luna che sbianca ogni stella, sono riusciti a darmi l'illusione di aver ritrovato la vista dei 15 anni facendomi osservare nel telescopio ammassi globulari, aperti, galassie e stelle come solo allora li vedevo.
E, siccome il cielo qui senza la sciagurata deve essere uno spettacolo, la sveglia la puntiamo alle tre, così potremo vedremo le stelle e poi il sole sorgere dietro Uluru. Qui, nella Luna a testa in giù nessuno ne riconosce le sembianze umane che noi le attribuiamo e tutti vedono un coniglio nelle sue ombre. La foto è fatta dal mio telefono nell'oculare del telescopio!
Poi domani, forse dopo aver riposato un pochino, ce ne andiamo ad una cinquantina di km da qui a vedere Kata-Tjuta, un'altra montagna spettacolare e, spero, magica come questa.
Insomma, un finale davvero con i fiocchi, come diversamente non poteva essere.
lunedì 11 novembre 2013
Mezzo fuso
La tassista ci sta aspettando con un van enorme davanti alla porta della camera del motel vicino all'aeroporto. È gestito da cinesi e la cosa si nota nella biancheria e nelle stoviglie che hanno ideogrammi dappertutto.
Come in tutti gli alberghi in cui siamo stati, ci sono il bollitore e le bustine di te o caffè. È molto comodo svegliarsi alle 4 e potersi bere la brodaglia alla caffeina per tenersi un pochino sveglio.
Carichiamo i nostri bagagli, inclusa la valigia cinese, anche lei, comprata ieri sera per rimpatriare gl indumenti invernali di Luca.
Incidentally (che qui viene usato spessissimo...) non ho visto ancora quelle postazioni dove avvolgerla nel domopak, per proteggerla un pochino..
Se sopravvive al viaggio di ritorno è un miracolo!
Sydney ci accoglie in netto ritardo sotto una pioggia insistente e lo sbarco dei bagagli ci ruba almeno un'altra mezzora.
Dobbiamo rifare il check in per un'altra compagnia e lasciare le valige al Baggage Storage (costa come una camera d'albergo..., 84 dollari per tre giorni). Non ho voglia di inoltrarmi nel deserto con due valigioni al seguito.
Come al solito, di corsa, ma ce la facciamo a fare tutto. Noi Donisi saremo pure distratti, ma quanto ad organizzare spaccando il minuto e senza esagerare con le contincency, siamo best in Class :)!
Quasi, quasi invece del taxi driver, mi metto ad organizzare viaggi. Magari meglio se accompagnati.
La sveglia all'alba mi ha mezzo fuso, proprio come il cambio di orario che ci aspetta ad Uluru, per gli aborigeni, Ayers Rock per gli invasori.
Tireremo indietro le lancette di un'ora e mezza rispetto a Sydney. Che stranezza!
Btw, stamattina a Brisbane alle 4.30, il sole era già alto, ieri sera alle 18.30 era già buio.
È proprio vero che nel Queensland il fuso orario l'hanno deciso i contadini!
Ne approfitto del volo (3 ore...) e dello stordimento per propinarvi alcune lesson learnt :
1. Assolutamente inutile portarsi cose da vestire dall'Italia. Pur avendo pensato di aver limitato al minimo, avrei potuto tranquillamente partire con un solo cambio di magliette. Devo ancora usarle praticamente tutte, per non parlare dei calzoni lunghi. Quelle poche volte che li ho indossati, ho sempre usato gli stessi.
2. Un sacchettino con un po' di detersivo avrebbe migliorato il lavaggio della biancheria. In alcuni posti la lavatrice era addirittura in camera.
3. Tre telefoni, un iPad, un Mac air, due paia di occhiali, una macchina fotografica, un hard disk esterno , la goPro più i relativi carica batterie è decisamente troppo per un viaggio balzellante come questo. Senza contare i passaporti, il portafogli, il cappellino... Ogni volta che ti alzi devi fare un appello che non finisce più! Alla lunga è estenuante. Vero è che senza il Mac non avrei gestito le foto e avrei forse faticato con i post, ma l'iPad, ad esempio, l'ho usato solo una volta e i tre telefoni, sono un problema da risolvere anche in Italia...
4. La SIM australiana è stata una scelta più che azzeccata. Costa un po', ma sei connesso praticamente ovunque (vedremo come va in mezzo al deserto).
5. I sandali non servono. Quelli che ho portato non li ho mai neppure tirati fuori dalla valigia. Meglio scalzi o con le infradito, per chi le ama. Io ho le mie fedelissime ciabattine con i buchi che, non saranno così belle da vedere, ma anche qui fanno la loro parte.
6. Il teleobiettivo. Su questo punto sono un po' indeciso e mi esprimerò solo alla fine, ma il mio bestione (anzi il nostro, essendo un regalo di nozze è mio, soli a metà...) pesa quasi due chili e finora ha partorito qualche foto ai due surfisti e ai koala. Forse i 24-105 era sufficiente...
7. Per quanto può sembrare un vincolo, prenotare dall'Italia è stata una manovra vincente. Quelle poche volte che non avevamo già l'albergo sono state le uniche fonti di stress o di spese irragionevoli (460 dollari per il villino a Byron Bay. Per fortuna che l'abbiamo sfruttato per la foto sull'evoluzione...).
8. Stampare voucher o biglietti e raccoglierli in una cartellina, per quanto leggera, non è servito finora a niente, se non ad avere un elemento in più da richiamare al momento dell'appello.
9. Fare il check in online con un baggage drop off, conviene solo in Italia. Qui la coda per la consegna dei bagagli è solitamente più lunga di quella per il check in.
10. Quando affittate un'auto, verificate alla consegna che tipo di carburante richiede. Le super plasticate giapponesi che di solito ti rifilano come equivalenti di una Passat, non danno nessun indizio, ne' sullo sportellino ne' sul tappo del serbatoio.
11. Anche se pensate che vostro figlio piccolo sia ormai diventato grande e completamente autosufficiente, controllate bene che non lasci indietro niente quando lo rilasciate al suo stato libero. Potrebbe aver dimenticato qualcosa di importante...
La pioggia di Sydney ha ben presto lasciato il posto ad uno sparuto gregge di nuvolette che brucano disperse su un'enorme distesa di deserto rosso.
Il comandante ci annuncia che ad Urulu, che è all'altezza del Tropico del Capricorno, troveremo 30-35 gradi...
Bastano e avanzano per completare la fusione...
Come in tutti gli alberghi in cui siamo stati, ci sono il bollitore e le bustine di te o caffè. È molto comodo svegliarsi alle 4 e potersi bere la brodaglia alla caffeina per tenersi un pochino sveglio.
Carichiamo i nostri bagagli, inclusa la valigia cinese, anche lei, comprata ieri sera per rimpatriare gl indumenti invernali di Luca.
Incidentally (che qui viene usato spessissimo...) non ho visto ancora quelle postazioni dove avvolgerla nel domopak, per proteggerla un pochino..
Se sopravvive al viaggio di ritorno è un miracolo!
Sydney ci accoglie in netto ritardo sotto una pioggia insistente e lo sbarco dei bagagli ci ruba almeno un'altra mezzora.
Dobbiamo rifare il check in per un'altra compagnia e lasciare le valige al Baggage Storage (costa come una camera d'albergo..., 84 dollari per tre giorni). Non ho voglia di inoltrarmi nel deserto con due valigioni al seguito.
Come al solito, di corsa, ma ce la facciamo a fare tutto. Noi Donisi saremo pure distratti, ma quanto ad organizzare spaccando il minuto e senza esagerare con le contincency, siamo best in Class :)!
Quasi, quasi invece del taxi driver, mi metto ad organizzare viaggi. Magari meglio se accompagnati.
La sveglia all'alba mi ha mezzo fuso, proprio come il cambio di orario che ci aspetta ad Uluru, per gli aborigeni, Ayers Rock per gli invasori.
Tireremo indietro le lancette di un'ora e mezza rispetto a Sydney. Che stranezza!
Btw, stamattina a Brisbane alle 4.30, il sole era già alto, ieri sera alle 18.30 era già buio.
È proprio vero che nel Queensland il fuso orario l'hanno deciso i contadini!
Ne approfitto del volo (3 ore...) e dello stordimento per propinarvi alcune lesson learnt :
1. Assolutamente inutile portarsi cose da vestire dall'Italia. Pur avendo pensato di aver limitato al minimo, avrei potuto tranquillamente partire con un solo cambio di magliette. Devo ancora usarle praticamente tutte, per non parlare dei calzoni lunghi. Quelle poche volte che li ho indossati, ho sempre usato gli stessi.
2. Un sacchettino con un po' di detersivo avrebbe migliorato il lavaggio della biancheria. In alcuni posti la lavatrice era addirittura in camera.
3. Tre telefoni, un iPad, un Mac air, due paia di occhiali, una macchina fotografica, un hard disk esterno , la goPro più i relativi carica batterie è decisamente troppo per un viaggio balzellante come questo. Senza contare i passaporti, il portafogli, il cappellino... Ogni volta che ti alzi devi fare un appello che non finisce più! Alla lunga è estenuante. Vero è che senza il Mac non avrei gestito le foto e avrei forse faticato con i post, ma l'iPad, ad esempio, l'ho usato solo una volta e i tre telefoni, sono un problema da risolvere anche in Italia...
4. La SIM australiana è stata una scelta più che azzeccata. Costa un po', ma sei connesso praticamente ovunque (vedremo come va in mezzo al deserto).
5. I sandali non servono. Quelli che ho portato non li ho mai neppure tirati fuori dalla valigia. Meglio scalzi o con le infradito, per chi le ama. Io ho le mie fedelissime ciabattine con i buchi che, non saranno così belle da vedere, ma anche qui fanno la loro parte.
6. Il teleobiettivo. Su questo punto sono un po' indeciso e mi esprimerò solo alla fine, ma il mio bestione (anzi il nostro, essendo un regalo di nozze è mio, soli a metà...) pesa quasi due chili e finora ha partorito qualche foto ai due surfisti e ai koala. Forse i 24-105 era sufficiente...
7. Per quanto può sembrare un vincolo, prenotare dall'Italia è stata una manovra vincente. Quelle poche volte che non avevamo già l'albergo sono state le uniche fonti di stress o di spese irragionevoli (460 dollari per il villino a Byron Bay. Per fortuna che l'abbiamo sfruttato per la foto sull'evoluzione...).
8. Stampare voucher o biglietti e raccoglierli in una cartellina, per quanto leggera, non è servito finora a niente, se non ad avere un elemento in più da richiamare al momento dell'appello.
9. Fare il check in online con un baggage drop off, conviene solo in Italia. Qui la coda per la consegna dei bagagli è solitamente più lunga di quella per il check in.
10. Quando affittate un'auto, verificate alla consegna che tipo di carburante richiede. Le super plasticate giapponesi che di solito ti rifilano come equivalenti di una Passat, non danno nessun indizio, ne' sullo sportellino ne' sul tappo del serbatoio.
11. Anche se pensate che vostro figlio piccolo sia ormai diventato grande e completamente autosufficiente, controllate bene che non lasci indietro niente quando lo rilasciate al suo stato libero. Potrebbe aver dimenticato qualcosa di importante...
La pioggia di Sydney ha ben presto lasciato il posto ad uno sparuto gregge di nuvolette che brucano disperse su un'enorme distesa di deserto rosso.
Il comandante ci annuncia che ad Urulu, che è all'altezza del Tropico del Capricorno, troveremo 30-35 gradi...
Bastano e avanzano per completare la fusione...
Taxi Driver
L'ufficio postale è proprio dietro l'angolo.
A vederlo da fuori, con la sua insegna rosso brillante, non dà per niente l'idea di un ufficio pubblico. Poi, quando entri, ti sembra di essere capitato nel fornitissimo reparto cartoleria di una moderna libreria.
Un banco dove puoi ordinare il caffè. Tavolini per sedersi.
Sugli scaffali, oltre a centinai di altre cose colorate che non ho neppure identificato, i vari tipi di scatole per le spedizioni, i fogli di bollicine di nailon della misura giusta e, volendo anche rotoli di scotch con tanto di applicatore.
Non c'è coda, almeno a quest'ora e l'atmosfera rilassata, tranquillizza anche me.
L'impiegata, in divisa anche quella rosso fuoco, ci aiuta a confezionare il corpo del reato e, con diciotto dollari (imballaggio incluso) chiudiamo in pochi minuti (sperando che arrivi integro) l'incidente di percorso.
Abbiamo quindi tutto il tempo per raggiungere il Cultural Centre, nel South Bank, e navigare lungo il Brisbane River verso il Lone Pine Koala Park.
Il battello, dopo il passaggio sotto i ponti avveniristici che uniscono la city dei grattacieli con la parte sud, meno commerciale, fiancheggia i sobborghi di lusso adagiati sulle rive di questo enorme fiume.
Una maggioranza di ville di ispirazione ottocentesca, convivono con costruzioni più moderne srotolando verso il fiume tappeti erbosi curatissimi che proteggono, molto spesso, delle piscine spettacolari.
La voce registrata descrive in sincronia con il passaggio le cose più importanti. Per esempio il fatto che le alluvioni qui non perdonano. L'ultima veramente forte è del 2011. Sono passati solo due anni, ma gli effetti, almeno dal ponte della nave, non si vedono per niente.
Al parco, esperienza che siamo contentissimi di aver fatto nonostante il sapore un po' da Gardaland che questi posti lasciano, ci si perde ad osservare quanto strani sono gli animali autoctoni.
Uccelli grandi come mucche, tipo l'emu o il cassowary che è l'uccello più pesante e, dicono, cattivo essendo il discendente più diretto del velociraptor.
I canguri ed i wallaby che si lasciano nutrire ed accarezzare anche dai bimbi.
Gli ornitorinchi, plactipus, molto più piccoli di come me li aspettavo che sembrano invasati, tutti impegnati nella caccia al gambero. Non stanno fermi un secondo, altroché il diavolo della Tasmania che oggi se la dormiva beato dentro al tepore di un tronco cavo.
E poi i koala. I veri re di questo parco. Ce ne sono a decine su rami che ricostruiscono fittiziamente il loro ambiente. Quando sono nel contesto naturale si nascondono in un modo che è impossibile vederli.
Sono buffi, anche dal vero, con quegli occhietti sghembi, il nasone nero e le orecchie pelose.
Tenerli in braccio è una goduria, pesano come una carriola di mattoni, ma sono morbidi come un peluche. Una sensazione dolcissima.
Si, un po' costruita come esperienza, ma non farla sarebbe stato molto peggio.
In realtà poi, è un altro il rimpianto vero che porterò a casa.
Quello di non essere riuscito ad andare a Melbourne a trovare dei miei parenti, la prima cugina di mia madre e la sua famiglia, emigrati lì, di punto in bianco, nel lontano 1972.
I vari scenari di infilarci anche quella città che dicono sia la più bella, rendevano impossibile tutto il resto e quindi abbiamo rinunciato.
Luca, invece riuscirà a vederli. La zia Sara ha risposto ad una sua mail e probabilmente si vedranno a dicembre quando, prima di tornare, farà l'ultima escursione.
Fatto strano: la casa dove lui ed il suo amico tedesco hanno trovato da dormire è nella stessa via di quella dei miei parenti in un sobborgo a 45 km dal centro: incredibile coincidenza davvero!
Dopo aver riconsegnato la macchina in aeroporto ci dirigiamo verso il centro in taxi.
Il guidatore, un australiano nato il 18 aprile 1960 (quando scopriamo di essere dello stesso anno ci scambiamo le date di nascita...) ci intrattiene amabilmente soprattutto sul suo sogno di possedere una Maserati.
Ci racconta che lui sarebbe un ingegnere elettronico, ma ha perso il lavoro e così ha deciso di investire i suoi soldi in una licenza (qui non ci sono limiti) e in una macchina.
Ora non ha più mail o persone che gli soffiano sul collo da gestire, porta a spasso la gente, intrattenendosi spesso ad ascoltare le loro storie interessanti.
Gli chiedo allora che fine fanno qui le persone della nostra età, dato che in giro a lavorare vedi solo ragazzi giovani e probabilmente malpagati, lui si mette a ridere e risponde : " i tassisti!"
Ovviamente, ha confermato la regola sull'Italia uguale a buon cibo, belle donne e macchine di lusso...
Saranno pure stereotipi, ma non aver mai sentito citare Berlusconi, dà un impagabile sollievo.
Cena, in un ristorante giapponese per accontentare l'insaziabile voracità di Enrico in fatto di sushi, futomaki, sashimi.
Poi, a letto presto: domattina abbiamo la sveglia alle 4.15. Abbiamo un early flight per Sydney e poi l'ultimo balzo ad Ayers Rock, la montagna rossa nel centro dei Northern Territories.
Non è ancora tempo di bilanci, ma il ritorno si avvicina.
A vederlo da fuori, con la sua insegna rosso brillante, non dà per niente l'idea di un ufficio pubblico. Poi, quando entri, ti sembra di essere capitato nel fornitissimo reparto cartoleria di una moderna libreria.
Un banco dove puoi ordinare il caffè. Tavolini per sedersi.
Sugli scaffali, oltre a centinai di altre cose colorate che non ho neppure identificato, i vari tipi di scatole per le spedizioni, i fogli di bollicine di nailon della misura giusta e, volendo anche rotoli di scotch con tanto di applicatore.
Non c'è coda, almeno a quest'ora e l'atmosfera rilassata, tranquillizza anche me.
L'impiegata, in divisa anche quella rosso fuoco, ci aiuta a confezionare il corpo del reato e, con diciotto dollari (imballaggio incluso) chiudiamo in pochi minuti (sperando che arrivi integro) l'incidente di percorso.
Abbiamo quindi tutto il tempo per raggiungere il Cultural Centre, nel South Bank, e navigare lungo il Brisbane River verso il Lone Pine Koala Park.
Il battello, dopo il passaggio sotto i ponti avveniristici che uniscono la city dei grattacieli con la parte sud, meno commerciale, fiancheggia i sobborghi di lusso adagiati sulle rive di questo enorme fiume.
Una maggioranza di ville di ispirazione ottocentesca, convivono con costruzioni più moderne srotolando verso il fiume tappeti erbosi curatissimi che proteggono, molto spesso, delle piscine spettacolari.
La voce registrata descrive in sincronia con il passaggio le cose più importanti. Per esempio il fatto che le alluvioni qui non perdonano. L'ultima veramente forte è del 2011. Sono passati solo due anni, ma gli effetti, almeno dal ponte della nave, non si vedono per niente.
Al parco, esperienza che siamo contentissimi di aver fatto nonostante il sapore un po' da Gardaland che questi posti lasciano, ci si perde ad osservare quanto strani sono gli animali autoctoni.
Uccelli grandi come mucche, tipo l'emu o il cassowary che è l'uccello più pesante e, dicono, cattivo essendo il discendente più diretto del velociraptor.
I canguri ed i wallaby che si lasciano nutrire ed accarezzare anche dai bimbi.
Gli ornitorinchi, plactipus, molto più piccoli di come me li aspettavo che sembrano invasati, tutti impegnati nella caccia al gambero. Non stanno fermi un secondo, altroché il diavolo della Tasmania che oggi se la dormiva beato dentro al tepore di un tronco cavo.
E poi i koala. I veri re di questo parco. Ce ne sono a decine su rami che ricostruiscono fittiziamente il loro ambiente. Quando sono nel contesto naturale si nascondono in un modo che è impossibile vederli.
Sono buffi, anche dal vero, con quegli occhietti sghembi, il nasone nero e le orecchie pelose.
Tenerli in braccio è una goduria, pesano come una carriola di mattoni, ma sono morbidi come un peluche. Una sensazione dolcissima.
Si, un po' costruita come esperienza, ma non farla sarebbe stato molto peggio.
In realtà poi, è un altro il rimpianto vero che porterò a casa.
Quello di non essere riuscito ad andare a Melbourne a trovare dei miei parenti, la prima cugina di mia madre e la sua famiglia, emigrati lì, di punto in bianco, nel lontano 1972.
I vari scenari di infilarci anche quella città che dicono sia la più bella, rendevano impossibile tutto il resto e quindi abbiamo rinunciato.
Luca, invece riuscirà a vederli. La zia Sara ha risposto ad una sua mail e probabilmente si vedranno a dicembre quando, prima di tornare, farà l'ultima escursione.
Fatto strano: la casa dove lui ed il suo amico tedesco hanno trovato da dormire è nella stessa via di quella dei miei parenti in un sobborgo a 45 km dal centro: incredibile coincidenza davvero!
Dopo aver riconsegnato la macchina in aeroporto ci dirigiamo verso il centro in taxi.
Il guidatore, un australiano nato il 18 aprile 1960 (quando scopriamo di essere dello stesso anno ci scambiamo le date di nascita...) ci intrattiene amabilmente soprattutto sul suo sogno di possedere una Maserati.
Ci racconta che lui sarebbe un ingegnere elettronico, ma ha perso il lavoro e così ha deciso di investire i suoi soldi in una licenza (qui non ci sono limiti) e in una macchina.
Ora non ha più mail o persone che gli soffiano sul collo da gestire, porta a spasso la gente, intrattenendosi spesso ad ascoltare le loro storie interessanti.
Gli chiedo allora che fine fanno qui le persone della nostra età, dato che in giro a lavorare vedi solo ragazzi giovani e probabilmente malpagati, lui si mette a ridere e risponde : " i tassisti!"
Ovviamente, ha confermato la regola sull'Italia uguale a buon cibo, belle donne e macchine di lusso...
Saranno pure stereotipi, ma non aver mai sentito citare Berlusconi, dà un impagabile sollievo.
Cena, in un ristorante giapponese per accontentare l'insaziabile voracità di Enrico in fatto di sushi, futomaki, sashimi.
Poi, a letto presto: domattina abbiamo la sveglia alle 4.15. Abbiamo un early flight per Sydney e poi l'ultimo balzo ad Ayers Rock, la montagna rossa nel centro dei Northern Territories.
Non è ancora tempo di bilanci, ma il ritorno si avvicina.
domenica 10 novembre 2013
L'evoluzione della specie
Una sequenza spettacolare di fulmini attraversa orizzontalmente il cielo di Brisbane rivaleggiando con l'arco luminoso del Victoria Bridge, il ponte che attraversa il Brisbane River in direzione del South Bank all'altezza del nostro albergo.
La zona, un tempo scalo ferroviario, è stata completamente rinnovata nel 1988 in occasione dell' Expo dedicato al divertimento nell'era tecnologica (18,5 milioni di visitatori...) e offre uno spaccato di modernità, natura e attenzione ai particolari che incanta.
Anche se percorsa di fretta e con l'obiettivo in mente di trovare una steak house per variare un po' sul cibo, non è possibile non notare la bellezza delle piscine o dei passaggi pedonali protetti da un cielo di fiori rampicanti che si avvinghiano ai fili d'acciaio tesi a pochi metri da terra.
Come è impossibile non sostare estasiati, davanti alla pagoda nepalese, regalata alla città proprio in quella occasione.
O dalla serie inquieta di versi di uccelli che accompagna la nostra passeggiata notturna. Ho deciso di provare a darvene un assaggio con questo piccolo video... (ci rinuncio non ce la fa... immaginatevi un film dell'orrore o qualcosa di simile)
Ancora una volta l'Australia delle città ci colpisce per il contrasto, misurato e circoscritto a diverse modernità, ma pur sempre emozionante.
La mattina eravamo ancora a Byron Bay, nel paradiso degli hippies, a tentare le ultime surfate, dopo una notte passata a lottare contro un condizionatore che non voleva saperne di spegnersi.
All'ora di pranzo nella ultra frenetica Surfers Paradise, per permettere a Luca di salutare alcuni suoi compagni di viaggio sparpagliati in giro per il Queensland e oggi di passaggio mentre Enrico ed io ne abbiamo approfittato per dar fondo ai desideri di magliette scanzonate, marca Billabong, con il taschino sulla sinistra che qui vanno tanto di moda e per comprare qualche braccialetto (disegnato qui, ma costruito in Cina) da portare come souvenir.
Questa sera, siamo a Brisbane, nel mondo degli hipster, un prototipo umano dell'evoluzione tecnologica molto di moda qui nelle grandi città.
Come il culto del MOVEMBER, cioè l'usanza di lasciarsi crescere i Mustacchi a nOVEMBER per raccogliere fondi per la ricerca contro il cancro alla prostata e altre patologie simili.
Il viaggio verso qui, rallentato da un traffico intenso, ma ordinato, è stato un momento di bilanci e di riflessioni tutte entusiastiche su questa avventura di noi tre assieme. Ognuno ha espresso un suo parere sul posto più bello, ma nessuno ha saputo decidere quale fosse in realtà.
Una musica di contrasto come il resto, tra Guccini e Jimi Hendrix, ha fatto da sfondo a questi ultimi cazzeggi in tre.
Poi è arrivato il momento dei saluti. Come è stato diverso da quello a Malpensa, alla partenza!
Un Luca ormai grande e disinvolto nel muoversi in situazioni che, solo allora, lo avrebbero di sicuro spaventato, ci ha salutato, col suo zainetto in spalla, tutto teso a considerare la vacanza assieme a noi, una pausa e non un inizio del ritorno.
Come è giusto che sia, deve godersi fino in fondo questo volo libero ad alta quota.
Peccato che, al ritorno alla macchina (btw, 18 dollari per due ore di parcheggio, in proporzione, molto di più del nostro albergo di questa sera, molto centrale e carino) il volo ad alta quota sia brutalmente precipitato: ci siamo accorti che ha dimenticato nel bagagliaio il suo computer di scuola...
Mi consolo, perché questa cosa della distrazione che mi affligge da quando sono nato, non è solo dovuta all'età, ma è qualcosa che, noi Donisi, abbiamo dentro...
Domattina, sarò costretto a passare le prime ore al Post Office a tentare di spedirglielo.
Qui l'evoluzione non c'è stata: i figli sono peggio dei padri.
E, a proposito di età, è incredibile come l'età media dei lavoratori qui sia sotto i 30 anni. Mi domando dove siano finiti gli altri. Se lavorano tutti nella "mind" come qui chiamano la parte dei servizi o se li abbiano fatti fuori. Non ho mai visto un cameriere, un gelataio, un commesso/commessa che avesse più di 25 30 anni. Bah! Anche questa è una cosa che colpisce.
Di ritorno dal South Bank, inzuppati fino al midollo, abbiamo capito l'origine dei versi strani che vi ho fatto ascoltare: sono enormi pipistrelli neri che volteggiano minacciosi, sinistramente illuminati dai fulmini di questo inizio. Domani, quando ritrovo l'attrezzo per scaricare le foto (che penso di aver lasciato in macchina, vicino al pc di Luca... o almeno spero) ve ne faccio vedere uno in foto.
Poi, forse, pacco postale permettendo, ci concediamo una gita lungo il fiume con l'unico parco coi koala e canguri di questa vacanza.
E' dall'inizio dell'esperienza che Enrico manifesta il desiderio di abbracciare uno di quei buffi marsupiali (i koala, non i canguri).
Il ragazzo con il cartello "Free Hugs" che ieri sera passeggiava per Byron Bay non è stato evidentemente un buon sostituto.
Ah, stavo dimenticando di svelarvi la vera ragione per il titolo del post (idea del genio creativo di Luca...). Ve la allego senza commenti. A voi capire dove sta l'evoluzione!
sabato 9 novembre 2013
NO VACANCY
Dopo gli eccessi di Surfers Paradise, Byron Bay ci riporta ad una dimensione più equilibrata.
SI respira di nuovo quell'aria rilassata, da svacco un pochino freakettone, che pervade un po' tutta l'Australia provinciale.
Qui, le vie centrali non sono più di due. Fiancheggiate da case che sembrano prelevate da qualche film di cow boy, si popolano la sera di gioventù locale e di turisti in cerca di un divertimento molto più ruspante che nella Las Vegas di ieri.
Byron bay è il posto dei surfisti più hippie che palestrati e non è raro incontrarli in cerchio con la chitarra e la tavola da surf come ad un raduno anni '70.
Circolano anche vecchi furgoni volkswagen di quelli tipici di quell'epoca e anche gli odori, a volte, rimandano indietro nel tempo a certe folate erbose...
A proposito di odori, una cosa che mi ha colpito è che le piante qui sembrano meno odorose che da noi. Nonostante una varietà sterminata, e per lo più sconosciuta, non si sentono quegli effluvi forti da pineta o da eucalipto che, in estate, puoi respirare passeggiando nei nostri boschi in riva al mare.
Qui colpisce molto di più la gradazione dei versi degli uccelli o degli animali che popolano queste vegetazioni. Senti fischi e gracchii di mille tipi.
Uccelli strani, come l scarpantibus della foto o aquile, aironi, trampolieri li puoi vedere frequentemente anche nelle zone più abitate.
Poi, un'altra cosa che ho notato e sulla quale vorrei documentarmi è che non ho mai visto una robinia.
Sono quegli alberi che producono i fiori bianchi che si possono mangiare e che, a Verona, chiamavamo "panéti".
Da noi, in Europa sono arrivate ad infestare dopo la scoperta dell'America, prima non esistevano neanche lì.
Chissà se qui non sono invece mai arrivate...
Il bagno a Tallow Beach, una spiaggia a nord del paesino, che raggiungiamo dopo una lunga camminata a piedi, resterà nei ricordi dei ragazzi non certo per la cavalcata delle onde. Quella l'hanno solo vista fare da qualche locale veramente bravo. Oggi, era veramente difficile restare in piedi per la forza e in qualche momento l'altezza dei fronti ondosi.
Ma, l'aver nuotato vicinissimo a dei delfini, questo si lo ricorderanno,
Li ho visti sbracciarsi come pazzi ed ho subito capito che avevano avvistato qualcosa di bello.
Quando me l'hanno raccontato avevano gli occhi che ridevano nonostante fossero sfiniti dalle lunghe ore in acqua.
Considerato che qui cambia il fuso orario e siamo un'ora avanti e che abbiamo saltato il pranzo decidiamo di mangiare alle 17.30 (le 18.30 di qui) in un ristorante sulla spiaggia. Un piatto di pesce molto buono, senza salse od orpelli vari per me ed Enrico. Luca, invece, si è sbranato la spalla di agnello cotta con verdure varie.
Facciamo in fretta perché vogliamo fare ancora due cose: vedere il tramonto dal faro, che è il punto più ad est dell'Australia e trovare un posto dove dormire.
La prima impresa ci riesce solo a metà, perché il sole è coperto dalle nubi. Ciò non toglie che la zona del faro emetta un fascino particolare oltre che la luce ai naviganti: un po' arroccata sembra un miscuglio tra Bretagna ed Irlanda. Una sposa, sta facendo il suo servizio fotografico. Qui novembre è come da noi a maggio: un sacco di matrimoni, molto spesso celebrati (anche oggi ne abbiamo visto uno) nei giardini in riva al mare.

La seconda (trovare un posto da dormire) si rivela quasi subito un fallimento: tutti i motel, hotel e backpackers, sono pieni. Il cartello luminoso NO VACANCY smorza dopo un po' il nostro ottimismo ( più dei ragazzi che mio, per dir la verità).
Mi piace un sacco vederli entrare (ovviamente mando loro) ed arrangiarsi a chiedere e un po' mi preoccupa vedere che, piano piano, anche loro si convincono che non sarà facile.
Stiamo già pensando di sistemarci in macchina quando, alla fine, disperati, ma non più di tanto, preferiamo dormire in un posto bellissimo (un bungalow a due piani, arredato da rivista di case di mare) spendendo un capitale.
Anche in questo caso, mi basta vedere quanto sono contenti di questa sistemazione per far passare ogni pensiero sui soldi spesi. In fin dei conti è l'ultima sera in cui siamo tutti e tre. Da domani Luca rientra nei mezzi ranghi. Quelli interi lo aspettano dal sei dicembre in poi...
Oggi ho allegato delle foto un po' vintage, come il posto che vi ho descritto.
Devo dire la verità: tra i posti abitati questo è quello che mi è piaciuto di più. Visto poi che da domani passeremo il tempo, o a Brisbane, o nell'outback disabitato, forse questo primato resisterà.
venerdì 8 novembre 2013
Il paradiso fa attendere
Il paradiso dei surfisti oggi non ha voglia di esaudire i desideri dei miei ragazzi.
Le onde sono basse e disordinate, un pochino come il primo giorno a Bondi Beach.
In un baretto sul lungomare, in mezzo ai rimasugli dei bagordi notturni che sembrano ricomporsi in questa città un pochino finta ma con un suo fascino, facciamo la colazione. Come quasi sempre accade qui, in hotel non è nemmeno contemplata.
Ad ogni modo con 10 $ (7 euro) trovi un "all you can eat". Il nostro non è neanche male e si può approffittarne per saltare il pasto più tardi.
Osservando il mare, i due apprendisti cavalieri delle onde, delusi, fremono e così dibattiamo se spostarci un po' più a sud.
Luca, consulta il notiziario delle onde e ci convince che a Coolangatta, una trentina di chilometri a sud di qui, ci sarà modo di surfare.
Cedo, senza opporre resistenza e ci mettiamo in macchina. Finestrini abbassati e musica commerciale con i bassi che rimbalzano tra i rumori dei lavori per la costruzione del light train in centro città ci danno il tono da locali un po' sballati.
Le onde a Coolangatta sono appena un po' più grandi ed ugualmente disordinate. Ma non sia mai detto che i due desistano, Pur limitandosi ad una sola tavola, passano la giornata ad alternarsi nel tentativo di rimanere in piedi a cavallo delle flutti.
Enrico, che dimostra più determinazione, riesce a fare qualche passaggio dignitoso. Luca un po' meno e glissa sulla scarsa prestazione con un po' di altezzoso disprezzo di queste onde.
Io, invece, prendo un'altra onda, quella del sonno e mi faccio una sonora dormita accarezzato da un venticello e da un sole caldo ed indisturbato.
Di ritorno in albergo si consuma il dramma del rifornimento di benzina. La brillante Nissan Pulsar necessita di rabbocco, ma, al momento di rifornirla non capisco se sia diesel o benzina. Sul tappo non c'è scritto niente e nessuna indicazione nei documenti o nelle carte. Provo a chiedere al gestore, ma è un indiano e, anche qui, come a Sydney, fa di tutto per non dire niente di sensato.
Mi salva Luca che, in mezzo a sonore risate per una serie di battutine, telefona all'assistenza dell'Europcar. Un signore, che prende il telefono per sbaglio, aiutato dal numero di targa della macchina ci indica però il giusto tipo di carburante.
Dopo la doccia, ci spariamo un sushi al giapponese, dato che oggi abbiamo mangiato solo un gelato (di nome italiano, di fatto annacquato). La cosa bella è che qui esistono anche i sushi di pollo e quindi Luca può tranquillamente cenare con noi.
Non è stata una giornata granché interessante, confrontata a tante altre.
Questo posto è un divertimentificio poco consono al tono più selvaggio della vacanza.
Luca però ci tiene tanto perché, dopo mesi di isolamento, aveva proprio voglia di un po' di vita agitata. Accontentarlo non è una grande sofferenza, in fondo. Anzi.
Questa sera a cena, ci siamo scambiati delle impressioni e, alla domanda se vivremmo qui per sempre, tutti abbiamo risposto no.
Poi, Luca ha condiviso la mia impressione sull'Australia, che può sembrare strana, ma è la stessa che lui ha provato.
Nonostante i grandi spazi, le distese aperte, la libertà di movimento e nel vestirsi, la gentilezza e affabilità delle persone, la sensazione di fondo è che l'Australia sia un pochino claustrofobica.
Non nel senso che ti manca l'aria o lo spazio, Piuttosto, questo diffuso senso di leggerezza e precarietà e forse, ancor di più, la mancanza di una storia alle spalle ti dà un senso di instabiità che ti spinge a cercarla da un' altra parte.
E, in fatto di storia, con tutto il senso di sostegno e di forza che l'averne una ti fornisce, l'Europa e ancor più l'Italia sono senz'altro un posto più adatto per sentirsi a casa..
giovedì 7 novembre 2013
Prima di scrivere, pensa...
diceva Shakespare (l'ho appena letto in un tormentone su Facebook, non sono cosi colto di mio...).
Prima di pubblicare, rileggi, aggiungo io. Ieri ho fatto molti più errori del solito. l'ora tarda, la stanchezza, l'età...
Non so se ho corretto tutto, ma almeno ci ho provato.
A chi ha avuto la pazienza di leggere e si è giustamente infastidito, chiedo umilmente scusa.
Cercherò di fare più attenzione, come dicevo ai professori seguendo l'esortazione della mia mamma :"métighela tuta!"
Grazie per la comprensione...
Prima di pubblicare, rileggi, aggiungo io. Ieri ho fatto molti più errori del solito. l'ora tarda, la stanchezza, l'età...
Non so se ho corretto tutto, ma almeno ci ho provato.
A chi ha avuto la pazienza di leggere e si è giustamente infastidito, chiedo umilmente scusa.
Cercherò di fare più attenzione, come dicevo ai professori seguendo l'esortazione della mia mamma :"métighela tuta!"
Grazie per la comprensione...
Pacific Motorway
Dopo una settimana di posti isolati dal mondo ed immersi in una natura cosi varia, ma ugualmente selvaggia, è arrivato il momento del rientro nella civiltà dallo sviluppo ricco e sfrenato: quella del Queensland godereccio e festaiolo della Sunshine e della Gold Coast.
Partiamo con la nostra Nissan Pulsar, un macchinone finto quasi come le Emgrand cinese che avevamo affittato a Cuba e ci immettiamo quasi subito sulla Pacific Motorway.
In questo primo tratto, questa che è una delle principali vie di comunicazione, non ha niente da autostrada. Forse questo aiuta a rilassarsi e, coi ragazzi, è subito atmosfera da svacco all'americana.
Fino a Gympsie ascoltiamo una radio australiana che da quasi solo pubblicità, poi ci fermiamo in un centro commerciale con gli addobbi natalizi già in funzione e compriamo un cavetto per ascoltare la loro musica.
Saccheggiamo anche un supermercato comprando frutta ed affettati. Qui, li vendono al banco, già tagliati a fette e li prendono con dei guanti infilandoli in qualche modo dentro una carta oleata come quella che usavamo tanti anni fa.
La popolazione del centro commerciale ricorda quella che puoi incontrare da noi in posti analoghi. Famigliole brutte e scombinate, adolescenti grassi e chiassosi, pensionati pronti ad incazzarsi come dovessero ancora timbrare il cartellino, giovani coppie con bambini piccolissimi che stordiscono qui dentro per non sentirli piangere là fuori. Insomma, il peggio del campionario umano, concentrato in una barriera di negozi. Lo stacco con il meglio della fauna sottomarina addossata su una barriera di coralli è scioccante.
Ma, tant'è, dobbiamo abituarci a ritornare, piano piano, a queste frequentazioni.
La prima sosta vera la facciamo a Noosa, una graziosa cittadina balneare che viene considerata un posto ideale per il surf.
Oggi però, niente onde e quindi, quasi casualmente ci ritroviamo a fare un pic nic nel Noosa National Park, un residuo di foresta pluviale, ricco di piante secolari molto simili a quelle viste a Fraser Island.
Qui ci sono anche i koala e, mentre passeggiamo a naso in sù per scovarne qualcuno, ci attraversano la strada enormi lucertoloni e simpatici tacchini dal bargiglio giallo e la testa rossa. Di koala, neanche l'ombra.
Per fortuna che, ieri, ritornando ad Hervey Bay, proprio mentre commentavamo di non aver ancora visto i canguri, un branco dei buffi marsupiali si è manifestato ai nostri occhi nella radura ai bordi di un piccolo bosco.
La signora del chioschetto, gentile come sempre sono gli australiani, ci racconta che oggi non li ha visti neanche lei. Il suo collega dice più o meno la stessa cosa delle onde per surfare. Un gran successo, insomma!
Ci consoliamo con una sonora dormita sulla sabbia calda e luminosa della spiaggia, dopo una nella passeggiata sospesa su una pista pedonale in legno che costeggia il mare dal parco alla zona abitata e termina in un parchetto dove stanno terminando i preparativi per un matrimonio!
Una fila di negozi, bar e ristoranti, stile riviera romagnola, si affaccia sulla strada principale. Qui le case però sono tutte nuove e costruite con uno stile razionalista moderno, molto minimalista. Grandi vetrate e profili squadrati, ma sfalsati con moderne travature e vele a copertura dei balconi che si affacciano sul mare. Per dirla tutta, non sembra che ci sia nemmeno una lontana parvenza di crisi. Almeno in questa zona.
La seconda parte del viaggio prende forma su una motorway divenuta finalmente, prima a due, poi a tre e, nei pressi di Brisbane anche a quattro corsie.
Il panorama ondulato e dominato da foreste e dagli alberi di eucalipto viene, a volte, movimentato da strani coni montagnosi che ricordano le Meteore della Grecia o, in alcuni casi, le montagne dei deserti dell'Arizona. Sul ciglio della strada, grandi cartelli, propongono dei quiz, chiamati "Trivia" per tenere svegli i guidatori. Le domande, tipo : " Cosa rese famosa la tal città nel tal anno", sono seguite a distanza di qualche chilometro dalle risposte, Mi chiedo se sia prevalente l'effetto di tenerti sveglio o piuttosto quello di distrarti e mandarti a sbattere. Già la guida a sinistra è, di per sé, una continua richiesta di attenzione...
Ci pensano però i ragazzi ad animare il viaggio con la musica improbabile dei loro iPod. Da quella australiana di Luca , orecchiabile, ma sconosciuta a quella delle avanguardie giovanili italiane di Enrico scabrosa, strafottente e irriverente, ma almeno comprensibile. Se, siete capaci, provate ad ascoltare la musica de I Cani, oppure di Manuel Imcastro (il più divertente) o infine quella de Il Pagante. Un mondo diverso. Per bilanciare un po' ho chiesto di ascoltare un'equivalente dei miei tempi che, al confronto, sembra una canzone da corale della parrocchia: la mitica Avvelenata.
L'arrivo a Surfers Paradise è scioccante. Letteralmente un pugno nei denti.
La città è un'accozzaglia di grattacieli e strade in perenne rifacimento che si aggrovigliano accompagnate da migliaia di negozi illuminati dai riflessi dei monitor che trasmettono in continua le immagini degli acrobati sulle onde. Probabilmente i due scalmanati che sono, al contrario del sottoscritto, entusiasti di una tale esasperazione della vita da surfista, un po' hippie , un po' cagacazzo, sono già li che si immaginano, domani, in grado di emulare le stesse mosse.
Ci penserà la dura realtà del principiante ad abbassare le loro aspettative!
Vabbè, è giusto lasciarli vivere di sogni, sono ancora tanto giovani. Soprattutto Enrico che, stasera, si è visto costretto a ritornare in albergo a prendere un documento perché a cena non volevano servirgli una birra che non credevano fosse maggiorenne...
C'è rimasto così male che, ovviamente, io e Luca ne abbiamo approfittato...
Confesso che, questa vacanza, a tratti solo con Enrico (cosa che in fondo non è mai successa) mi ha portato molto spesso a rivedere in lui il bambino sveglio ed inquieto che ha illuminato i primi anni della mia esperienza di padre. Come se la barba, la mole, la laurea e la sua fiera indipendenza scomparissero, annacquate, da questa vacanziera convivenza ed emergesse prepotente quel suo modo di fare così esuberante e positivo che ce lo faceva vedere diverso da tutti gli altri (lo so, che vale per tutti, ma io di Enrico ne ho uno solo...)
Oggi, poche foto.
Una di Enrico che dorme, mentre io e Luca ridiamo di lui, però la devo mettere.
Enri è davvero il centro del nostro divertimento. Non fraintendetemi, non è un bersaglio, né lo zimbello.
E' semplicemente tanto, forte, esuberante, proprio come da piccolino ;)
E' semplicemente tanto, forte, esuberante, proprio come da piccolino ;)
Iscriviti a:
Post (Atom)