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lunedì 11 novembre 2013

Taxi Driver

L'ufficio postale è proprio dietro l'angolo.

A vederlo da fuori, con la sua insegna rosso brillante, non dà per niente l'idea di un ufficio pubblico. Poi, quando entri, ti sembra di essere capitato nel fornitissimo reparto cartoleria di una moderna libreria.
Un banco dove puoi ordinare il caffè. Tavolini per sedersi.
Sugli scaffali, oltre a centinai di altre cose colorate che non ho neppure identificato, i vari tipi di scatole per le spedizioni, i fogli di bollicine di nailon della misura giusta e, volendo anche rotoli di scotch con tanto di applicatore.
Non c'è coda, almeno a quest'ora e l'atmosfera rilassata, tranquillizza anche me.
L'impiegata, in divisa anche quella rosso fuoco, ci aiuta a confezionare il corpo del reato e, con diciotto dollari (imballaggio incluso) chiudiamo in pochi minuti (sperando che arrivi integro) l'incidente di percorso.

Abbiamo quindi tutto il tempo per raggiungere il Cultural Centre, nel South Bank, e navigare lungo il Brisbane River verso il Lone Pine Koala Park.
Il battello, dopo il passaggio sotto i ponti avveniristici che uniscono la city dei grattacieli con la parte sud, meno commerciale, fiancheggia i sobborghi di lusso adagiati sulle rive di questo enorme fiume.
Una maggioranza di ville di ispirazione ottocentesca, convivono con costruzioni più moderne srotolando verso il fiume tappeti erbosi curatissimi che proteggono, molto spesso, delle piscine spettacolari.


La voce registrata descrive in sincronia con il passaggio le cose più importanti. Per esempio il fatto che le alluvioni qui non perdonano. L'ultima veramente forte è del 2011. Sono passati solo due anni, ma gli effetti, almeno dal ponte della nave, non si vedono per niente.

Al parco, esperienza che siamo contentissimi di aver fatto nonostante il sapore un po' da Gardaland che questi posti lasciano, ci si perde ad osservare quanto strani sono gli animali autoctoni.

Uccelli grandi come mucche, tipo l'emu o il cassowary che è l'uccello più pesante e, dicono, cattivo essendo il discendente più diretto del velociraptor.
I canguri ed i wallaby che si lasciano nutrire ed accarezzare anche dai bimbi.
Gli ornitorinchi, plactipus, molto più piccoli di come me li aspettavo che sembrano invasati, tutti impegnati nella caccia al gambero. Non stanno fermi un secondo, altroché il diavolo della Tasmania che oggi se la dormiva beato dentro al tepore di un tronco cavo.

E poi i koala. I veri re di questo parco. Ce ne sono a decine su rami che ricostruiscono fittiziamente il loro ambiente. Quando sono nel contesto naturale si nascondono in un modo che è impossibile vederli.
Sono buffi, anche dal vero, con quegli occhietti sghembi, il nasone nero e le orecchie pelose.
Tenerli in braccio è una goduria, pesano come una carriola di mattoni, ma sono morbidi come un peluche. Una sensazione dolcissima.










Si, un po' costruita come esperienza, ma non farla sarebbe stato molto peggio.

In realtà poi, è un altro il rimpianto vero che porterò a casa.
Quello di non essere riuscito ad andare a Melbourne a trovare dei miei parenti, la prima cugina di mia madre e la sua famiglia, emigrati lì, di punto in bianco, nel lontano 1972.
I vari scenari di infilarci anche quella città che dicono sia la più bella, rendevano impossibile tutto il resto e quindi abbiamo rinunciato.
Luca, invece riuscirà a vederli. La zia Sara ha risposto ad una sua mail e probabilmente si vedranno a dicembre quando, prima di tornare, farà l'ultima escursione.

Fatto strano: la casa dove lui ed il suo amico tedesco hanno trovato da dormire è nella stessa via di quella dei miei parenti in un sobborgo a 45 km dal centro: incredibile coincidenza davvero!

Dopo aver riconsegnato la macchina in aeroporto ci dirigiamo verso il centro in taxi.

Il guidatore, un australiano nato il 18 aprile 1960 (quando scopriamo di essere dello stesso anno ci scambiamo le date di nascita...) ci intrattiene amabilmente soprattutto sul suo sogno di possedere una Maserati.
Ci racconta che lui sarebbe un ingegnere elettronico, ma ha perso il lavoro e così ha deciso di investire i suoi soldi in una licenza (qui non ci sono limiti) e in una macchina.
Ora non ha più mail o persone che gli soffiano sul collo da gestire, porta a spasso la gente, intrattenendosi spesso ad ascoltare le loro storie interessanti.
Gli chiedo allora che fine fanno qui le persone della nostra età, dato che in giro a lavorare vedi solo ragazzi giovani e probabilmente malpagati, lui si mette a ridere e risponde : " i tassisti!"

Ovviamente, ha confermato la regola sull'Italia uguale a buon cibo, belle donne e macchine di lusso...

Saranno pure stereotipi, ma non aver mai sentito citare Berlusconi, dà un impagabile sollievo.

Cena, in un ristorante giapponese  per accontentare l'insaziabile voracità di Enrico in fatto di sushi, futomaki, sashimi.

Poi, a letto presto: domattina abbiamo la sveglia alle 4.15. Abbiamo un early flight per Sydney e poi l'ultimo balzo ad Ayers Rock, la montagna rossa nel centro dei Northern Territories.

Non è ancora tempo di bilanci, ma il ritorno si avvicina.



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