Lui e Mati (almeno mi sembra di ricordare da quanto ho letto al museo dove era proibito fotografare anche i cartelli) un'altra lucertola dalla lingua blu, erano però esseri malvagi e ladri. Così un giorno, trovarono un emù che era stato ucciso in una battuta di caccia da due fratelli della famiglia dei Bellbird, una specie di passero.
Lungkata e Mati si affrettarono a macellare e ad arrostire l'emù ed iniziarono a mangiarlo.
Quando i passeri arrivarono nei pressi della caverna dei ladri, alla ricerca della preda, i due avevano nascosto i resti del pranzo e offrirono loro solo qualche misero pezzo di carne.
I passeri si resero conto dell'inganno e, dopo aver finto di allontanarsi, tornarono indietro incendiando la caverna di Lungkata e Mati che presero fuoco e rotolarono giù dalla costa della montagna annerendola e bucherellandola tutta, sprofondando in un luogo in cui ancora oggi due grossi massi ne rappresentano i resti assieme ad altri più piccoli che sono i resti dell'emù.
Questa e tante altre leggende che in gran parte non vengono svelate agli estranei, si tramandano di padre in figlio e danno spiegazioni mistiche ed evocative ai mille segni che caratterizzano questo monolite così particolare.
Questa sera, al tramonto ho ripreso qualcuna di queste strane espressioni disegnate da ombre e fori nelle pareti della montagna.
Oggi, bardati da fieri esploratori con tanto di provvidenziale retina di protezione dalla miriade di mosche che nell'ore più calde infestano la zona, abbiamo fatto il giro di Kata Tjuta, l'altro strano massiccio all'interno del parco.
Il suo nome significa molte teste e, in effetti, si presenta come una sequenza di formazioni tondeggianti.
La composizione però, è completamente diversa da Urulu. In questo caso la montagna è costituita non da un'unica roccia, cosa che conferisce ad Urulu un sapore d divinità, ma da un conglomerato di fanghiglia rossa (quella della Genesi, forse...) ed altre rocce tra cui anche il granito.
Il risultato è, cromaticamente, abbastanza simile anche se non all'altezza, ma completamente diverso nell'aspetto a distanza ravvicinata: sembra un enorme mandorlato rosso...
Il giro del massiccio, nove km in tutto, non è di per sé molto impegnativo, anche se ci sono alcuni punti che ricordano le forcelle dolomitiche, ma, fatto a 40 gradi mette comunque alla prova.
Riforniti di bottiglie d'acqua e di qualche frutto, riusciamo a portarlo a termine senza grandi difficoltà.
Dopo l'uscita al Fraccaroli, un altro buon segnale per la mia voglia di tornare a camminare in montagna!
Nel percorso siamo sempre soli, nessun pazzo, salvo poche eccezioni, si avventura da queste parti. Il silenzio è assoluto ed ogni fruscio evoca la paura di trovarti di fronte uno di quei serpentoni che abbiamo visto al Lone Pine e che di sicuro abitano la zona.
Ma, per fortuna, a parte un paio di aquile, qualche bellbird e una immensa cornacchia, non abbiamo visto tracce di animali.
Il posto è giusto anche per un'ultima foto con il cappello giusto.
Ooops, pardon! Non è questo il cappello giusto, bensì quest'altro:
Ultimo giro nel parco questa sera, per provare, Luna non permettendo, a ritrarre Urulu vestito da sera. Il risultato però non mi soddisfa, il chiarore lunare interferisce troppo e, alle 20.30, il parco chiude per cui non si può riprovare più tardi.
Se ci riesco, questa notte, ci riprovo dal belvedere del nostro campeggio.
Buonanotte ( a me...)
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